INTRODUZIONE
Il termine “gomito del tennista” o epicondilite omerale si riferisce, generalmente, ad una sindrome dolorosa localizzata all’epicondilo laterale, ed è secondaria all’insulto micro-traumatico dei tendini dei muscoli estensori del polso e della mano a livello della loro inserzione prossimale (tendinite “inserzionale”). E’ una patologia degenerativa infiammatoria che, anche se abbastanza comune e spesso invalidante, a causa della sintomatologia spesso modesta nelle fasi iniziali, è sottovalutata e giudicata come qualcosa di clinicamente banale. Al contrario, le difficoltà terapeutiche e la frequenza delle recidive richiedono una valutazione clinica e diagnostica rigorosa, così come una applicazione di misure preventive corrette.
EZIOPATOGENESI
Le varie forme di epicondilite omerale rientrano nella generica categoria delle patologie da azione meccanica sull’inserzione dei tendini. La causa scatenante può essere un singolo trauma, o, più frequentemente, una serie ripetuta di micro-traumi. La presenza di fattori facilitanti sia interni che esterni deve
essere presa in considerazione: ad esempio il sovraccarico funzionale, in particolare se associato ad una limitata estensibilità e/o capacità contrattile dei muscoli dell’avambraccio, è uno dei fattori eziologici più importanti. Allo stesso modo appare importante la predisposizione individuale come fattore causale delle patologie dei tendini in generale e dell’epicondilite in particolare. Infatti, stessi fattori meccanici non producono quadri patologici uguali, in quanto per ogni individuo si modifica il substrato anatomico, bio umorale e metabolico, su cui agisce la causa patogena, determinando una differente reazione individuale e le relative manifestazioni cliniche.
I più importanti fattori patogeni esterni che possono determinare l’epicondilite sono:
A) il livello di abilità tecnica: l’epicondilite è più frequente fra gli atleti di basso livello e i giocatori occasionali di tennis che fra i professionisti, anche se essi si allenano molte ore ogni giorno. È chiaro che il corretto movimento tecnico, sostenuto da un corretto equilibro dei muscoli agonisti ed antagonisti, riduce al minimo il rischio di danno dovuto allo stimolo funzionale.
B) L’uso di racchette con caratteristiche tecniche e strutturali non adeguate (ad esempio, una racchetta molto rigida) può condizionare la resistenza del tessuto muscolo tendineo allo stimolo funzionale.
C) Le dimensioni del manico della racchetta. E’ opportuno ricordare che se un manforza sui muscoli dell’avambraccio, attraverso una costante contrazione isometrica, diventa un’ulteriore causa di sovraccarico.
D) Il modo di impugnare la racchetta. L’impugnatura condiziona i movimenti di flessione ed estensione del polso e, di conseguenza, determina il grado di sovraccarico funzionale applicato sui tendini che s’inseriscono a livello del gomito. Nel tennis ci sono tre stili differenti di impugnatura: continentale, occidentale ed orientale, quest’ultimo è quello maggiormente usato tra i professionali (figure 1-2-3).
E) La tensione delle corde, il materiale strutturale della racchetta, la qualità della pallina sono tutte cause che possono influenzare l’intensità dell’impatto durante il gioco. Le corde in budello, ad esempio, differenza di quelle in materiale sintetico, sono capaci di assorbire la maggior parte delle vibrazioni causate dall’impatto della pallina sulla racchetta.
INCIDENZA
La fascia d’età più frequentemente colpita da questa patologia è quella dell’adulto definito “maturo”, cioè, uomini e donne fra 30 e 50 anni. Compare più frequentemente fra i dilettanti che fra i professionisti ed i semi-professionisti. È certamente la patologia più comune fra i giocatori di tennis, ma si può riscontrare anche nei giocatori di golf, negli schermitori e nelle diverse specialità dei lanci dell’atletica leggera. La patologia interessa anche soggetti che non praticano sport, quali le casalinghe, i carpentieri, le dattilografe, i decoratori della casa, i pittori, gli orologiai ecc., cioè persone le cui professioni richiedono l’uso continuo e ripetuto dei muscoli estensori del polso e della mano e che effettuano continui movimenti di prono-supinazione.
DIAGNOSI
L’epicondilite è caratterizzata da dolore sul gomito, che può irradiarsi ai muscoli dell’avambraccio ed aumentare durante l’estensione del polso e della mano.
Nella fase iniziale il dolore compare solitamente durante il movimento tecnico o mentre si solleva un peso. Successivamente persino le azioni giornaliere ordinarie, come la stretta di mano, lo scrivere, l’apertura di uno sportello o il sollevare una bottiglia, possono causare dolore acuto e intenso a livello dell’inserzione osteotendinea epicondiloidea
dei muscoli dell’avambraccio. Obiettivamente, la pressione sull’epicondilo
laterale causa un dolore acuto; anche le manovre di estensione contro resistenza del polso e del terzo dito della mano risvegliano il dolore (figura 4). Le indagini radiologiche convenzionali sono di poco aiuto nella diagnosi di questo genere di patologia; solo nelle fasi avanzate possono rivelare la formazione di calcificazioni vicino all’inserzione dei tendini. La diagnosi differenziale deve essere posta nei confronti della Sindrome del Tunnel Radiale, peraltro rara, che consiste nell’intrappolamento del nervo interosseo posteriore e si manifesta con i sintomi di una cervico-brachialgia con segni di artrosi e di osteocondrosi del gomito.
La compressione del nervo interosseo posteriore è dovuto alle formazioni fibroaponeurotiche, all’ipertrofia muscolare e a piccole aderenze. Inoltre il
dolore, a differenza dell’epicondilite, è presente anche a riposo e talvolta anche di notte. L’esame elettromiografico, nella maggior parte dei casi, rivelerà una riduzione della velocità di conduzione del nervo.
Nella cervico-brachialgia il dolore è distribuito lungo tutto il braccio, inoltre la parestesia e l’ipostenia muscolare facilitano la diagnosi. In presenza di artrosi e di osteocondrite, il dolore è solitamente meno intenso, ma aumenta durante la flessione e l’estensione del gomito, specialmente durante tutti i gradi di libertà di movimento del gomito; in questi casi un esame radiografico è sufficiente per eliminare tutti i dubbi.
TERAPIA
1) Nelle fasi di dolore acuto risultano particolarmente efficaci i farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) assunti per via sistemica o locale (unguenti, gel, cerotti ecc.), possibilmente associati con impacchi di ghiaccio (applicazioni di venti minuti due volte al giorno, con cicli di otto – dieci giorni). Durante il trattamento il paziente deve interrompere l’attività sportiva specifica
ed evitare quei movimenti giornalieri che coinvolgono i muscoli dell’avambraccio.
2) La fisioterapia, soprattutto la laser terapia, è consigliabile nei casi in cui il dolore si irradia ai muscoli dell’avambraccio.
E’ inoltre consigliabile la Mesoterapia che grazie ad una maggiore concentrazione locale di farmaco, riduce il dolore e l’infiammazione evitando gli effetti secondari indesiderabili dei FANS. Dopo ogni trattamento mesoterapico
è consigliabile applicare sulla zona trattata pomate in gel, a base di FANS e composti di eparina, per ridurre gli effetti secondari causati dagli aghi e per rinforzare l’effetto antalgico ed antinfiammatori del trattamento mesoterapco stesso.
L’infiltrazione locale con preparati a base di cortisonici può essere usata, ma soltanto nei casi in cui i sintomi persistano dopo i trattamenti sopra
menzionati, e in ogni caso dovrebbero essere effettuati solo per un numero limitato di volte.
E’ molto importante che, una volta cessato il dolore e verificato il recupero attivo, la ripresa della normale pratica sportiva avvenga solo dopo un periodo
di idoneo e sufficiente ricondizionamento atletico, che dovrà consistere in esercitazioni di forza (contrazioni isometriche ed isotoniche che coinvolgano i muscoli dell’avambraccio) alternate ad esercizi di allungamento.
In questo modo saranno ridotti i rischi di recidive. Al contrario le recidive si avranno in particolare quando gli atleti, non avvertendo più dolore e ritenendosi erroneamente guariti, riprendono a giocare senza seguire le istruzioni terapeutiche descritte in precedenza.
Grande attenzione deve essere prestata inoltre alle caratteristiche della racchetta ed all’esecuzione del gesto tecnico. Il medico specialista, in collaborazione con l’allenatore, deve assicurarsi che tutte le precauzioni tecniche possibili siano state prese onde impedire la recidiva della patologia. In ogni caso, malgrado il rispetto di tutti gli accorgimenti terapeutici, una piccola percentuale (circa 5%) dei casi del epicondilite diventa cronica. In questo caso e soltanto come ultima risorsa, può essere presa in considerazione la terapia chirurgica.